Esiste il talento innato? O esiste l'arte di coltivarlo?
In un viaggio che parte dal MIT (Massachusetts Institute of Technology) a Cambridge, passando per Billy Ray Valentine di "Una poltrona per due", ti racconto la mia visione sul talento e un mio proposito per il futuro.
In questi giorni mi sono imbattuto in alcuni contenuti che parlano del MIT, ovvero del Massachusetts Institute of Technology.
Venendo da un percorso di studi tecnico e da ingegneria, per me il MIT è sempre stato un riferimento, per non dire un sogno. Tuttavia, ormai fa parte della cultura generale facendo anche spesso da scenario a film (es. "A beautiful mind" e "21") e serie TV.
Se non ne hai mai sentito parlare, non importa, ma per contestualizzare si tratta di una delle più importanti università di ricerca nel mondo. Ha sede a Cambridge (Massachusetts, USA), conta oltre 80 premi Nobel ed è una vera e propria "fabbrica di cervelloni" (così venne definito da Repubblica in un vecchio articolo).
Cosa rende il MIT "speciale"? Di seguito metto a fuoco alcuni aspetti che mi hanno colpito maggiormente. E mi hanno colpito perché probabilmente fanno parte del mio modo di pensare e di interpretare la leadership e il team.
Metodo socratico "spinto"
Al MIT non ci sono lezioni cattedratiche, ma il fondamento è il dialogo e la partecipazione.
Atmosfera internazionale
La presenza di studenti da tutto il mondo fa sì che spariscano immediatamente abitudini e mentalità provinciali.
Libertà di formazione
La scelta dei corsi è libera: gli studenti possono "dipingere la loro tela culturale", così da eliminare gli ostacoli che li separano da passioni e obiettivi. Questo, però, è sinonimo di responsabilizzazione.
Condivisione interna
Il fatto essere circondati da persone estremamente motivate, di vivere in un'atmosfera di "full immersion" in cui poter condividere idee, successi, fallimenti con persone che sono sullo stesso percorso, ma anche su percorsi diversi, diventa un acceleratore impressionante.
Quello che studi e che ti piace fare, diventa quasi "una droga", qualcosa di cui non puoi fare a meno.
Inclusività e meritocrazia
Tutte le persone che dimostrano di esserne all'altezza possono frequentare il MIT, anche chi non se lo può permettere (democratizzazione dell'istruzione), grazie alle borse di studio. Regna la meritocrazia e a nessuno viene rifiutata l'istruzione per mancanza di mezzi.
Condivisione dell'istruzione
Il MIT è stata la prima scuola a rendere disponibili online tutti i corsi. Oggi lo fanno diverse scuole, ma probabilmente per spirito di emulazione. Il pensiero del MIT, invece è guidato da una "missione" di istruzione globale.
Ampiezza di interessi
"Non basta il fatto di avere riunito qui un numero molto vasto di scienziati di grande talento. C'è un'ampiezza d'interessi insospettata: oltre a matematica, ingegneria, fisica, chimica, medicina, abbiamo anche l'architettura, l'arte, tutte le scienze umanistiche. Fin dai tempi in cui qui si inventò il radar nella seconda guerra mondiale, il segreto del MIT è stato di mobilitare attorno a una sfida tutte le risorse nei campi più disparati. Oggi, per esempio, sulla lotta al cambiamento climatico e la ricerca di nuove fonti energetiche lavorano insieme fisici, architetti, urbanisti, economisti. Nel DNA del MIT c'è proprio questo".
- John Durant
Contaminazione e diversità culturale
"Al MIT convivono un'anima che ha sempre avuto stretti rapporti col governo, inclusi il Pentagono e la Nasa; un'anima capitalista che ha partorito centinaia di imprese di grande successo; ma anche una robusta tradizione di pensiero alternativo, contro-cultura, impegno anti-establishment. Ci sono fior di talenti intellettuali qua dentro che come obiettivo di vita non vogliono diventare ricchi, né tantomeno lavorare per la ricerca militare".
- John Durant
E forse il segreto della "fabbrica delle idee" è proprio nella diversità e nel rifiuto di sistemi monolitici.
Indipendenza e cultura
La missione del MIT non è fare soldi, ma produrre insegnamento e cultura per il mondo.
"So che non è facile spiegarlo, ma vivendo immersi qui dentro ci si accorge ogni giorno di quanto i docenti e i ricercatori siano fieri della propria autonomia, decisi a difenderla a ogni costo, e capaci di farlo. Da molte generazioni".
- John Durant
Scommetteresti un dollaro con me sul fatto che qualunque Billy Ray Valentine in un ambiente come il MIT si trasformerebbe in un talento?
Il riferimento è al film "Una poltrona per due", e chiaramente si tratta di una provocazione, anche perché tendenzialmente odio generalizzare. Tuttavia esprime un concetto importante:
Un terreno fertile e una motivazione chiara sono parte importante, per non dire determinante, della creazione di un talento.
Per rispondere alla domanda che dà il titolo a questo post, io non credo nel talento innato. Forse perché nella mia esperienza personale (professionale e non) ho sempre dovuto sudare tutto, ed ho anche avuto la fortuna di toccare con mano ambienti stimolanti che hanno sfornato diversi talenti. Ma probabilmente anche perché l'apparenza spesso può ingannare: chiediti sempre quanto lavoro si nasconde dietro al raggiungimento di un obiettivo da parte di qualcuno!
E qui condivido anche un mio proposito per il futuro: voglio che il mio team sia una sorta di "piccolo MIT"!
E se ti stai chiedendo: "cultura, cultura, cultura ..ma il tuo team non dovrà avere come obiettivo la produzione di profitto?".
Provo a rispondere in maniera più esplicita..
Metti le persone in queste condizioni, e il profitto diventerà l'ultimo dei problemi.